visitando la pagina facebook “sei de Garbatella se…” ho trovato questa bella poesia di Davide Bergagna… mi è piaciuta molto ed ho chiesto il permesso di pubblicarla fra queste pagine
Chiedo mpó più de civirtá…
Ciao a tutti, me chiamo Davide e so nato ‘a Garbatella.
C’ho 27 anni e ‘nso più ‘npupetto che crede nee favole.
Verso li 16/17 anni credevo n’umanitá dee persone, ormai manco più a quella.
Ve racconto de na stradina, se chiama Garibaldi, Rosa Raimondi si nun me sbajo.
L’hanno ripitturata tutta manco ‘n mese fa.
Pareva ‘n quadro de van gogh, era sparito tutto, pulita, nun poteva esse vero no?
Infatti passato manco er tempo de na settimana, e nun te dico n anno, te parlo proprio der minimo, fatto sta che sta vietta tra pezzi de carta, sigarette, plastica e merda de li padroni dei cani, è tornata a fa
Le strade dedicate alle donne sono molto meno di quelle dedicate agli uomini, ma a Roma c’è un quartiere femmina, un quartiere donna, un quartiere madre:
LA GARBATELLA
Il quartiere ha il nome di donna e vari simboli al femminile questo lo scrissi proprio nel mio libro presentato nell’oratorio di San Filippo Neri il 18 febbraio 2003 con il presidente del Municipio XI Massimiliano Smeriglio ed alcuni consiglieri del Municipio. Il libro venne alla luce grazie anche al bando e…state in Municipio è doveroso per me ricordare ciò, perché il nostro Municipio viene anche denominato MUNICIPIO DELLA MEMORIA.
Il libro lo si può trovare nella biblioteca comunale di Testaccio a Roma a, è un piccolo libro senza pretese, ma che ha voluto fermare il tempo prevedendo umilmente quanto poi si sarebbe sviluppato nel quartiere storico ed ancora si continua a sviluppare.. Nel tempo per alcuni accorpamenti siamo diventati Municipio ottavo, ma le strade dedicate alle donne sono sempre le stesse c’è però da evidenziare che la Garbatella dal 13 ottobre 2015 può vantare che il consultorio familiare ha un nome femminile è stato infatti dedicato ad Elisabetta Di Renzo memoria storica dell’associazione Il Tempo Ritrovato…ed è il primo consultorio familiare che ha un nome. La passeggiata ora virtuale, ma che spesso diventa reale, narra di storie di donne e in questa virtuale inizia da Piazza Adelaide Zoagli Mameli la mamma di Goffredo per un importante motivo la Garbatella ha dei confini e il confine è proprio a destra ed a sinistra di questa piazza. La Toponomastica è un messaggio di storia vissuta ed è importante partire da qui dalla mamma di Goffredo per attraversare altre strade di madri e non a caso quelle dei Giuseppi delimitano una parte della sede Regione Lazio. Poi c’è la piazzetta della mamma di Giovanni dalle bande nere per passare per altre strade di donne percorrendo la piazzetta di Eurosia scendere giù verso Carlotta, passando vicino alla targa di Jole fino ad arrivare da Galla che, rimasta vedova non volle più risposarsi a lei è dedicata la chiesa di Santa Galla…tutte figure femminili. Figure di donne a cominciare da quella del quartiere con il volto bianco e una mammella scoperta come simbolo di maternità, superfluo parlare di quel volto in disfacimento abbronzato e contornata da capelli ondulati che tutti chiamiamo Carlotta, la fontana degli innamorati di un tempo. C’’è Diana che simboleggia con un grande foro il tempo che passa ed il vuoto culturale che ancora esiste, nonostante tutto su questo quartiere! Intanto alzando la testa tra i tanti simboli si trovano anche le muse che non dirò dove si trovano, ma invito a trovarle su una scuola che è conosciuta per una fiction televisiva che non ha nulla a che vedere con la vera storia del quartiere.
Adelaide o Adele Zoagli in Mameli figlia del marchese Nicolò Zoagli e Angela Lomellini, passa alla storia, perché è la madre di Goffredo, colui che la storia dice di aver scritto il canto per gli italiani e che morì giovanissimo di cancarena presso l’ospedale dei pellegrini a Roma … I luoghi fanno spesso ponti di storia Il canto degli italiani venne scritto nel 1847 e venne adottato nel 1946 come inno nazionale provvisorio della Repubblica italiana. Adelaide Zoagli viene così descritta da Giuseppe Gonni, sul giornale Il Caffaro del 25 agosto 1926: «La marchesa era una quindicenne di soave bellezza. Capelli castani striati d’oro, bipartiti sulla fronte, raccoglientesi in passanti e grosse trecce sulla nuca. Occhi grandissimi d’una chiarità di cielo sui quali, le lunghe ciglia scure ne velavano d’ombra il singolare splendore, taglia slanciata, flessibile ed armonica. I gesti erano di una fierezza, di una cortesia avvincente che riflettevano la fiera, ardente anima degna della nobile famiglia donde discendeva: consoli, fondatori di colonie, ammiragli e due dogi ha dato nei secoli il nobile casato, a Genova repubblicana” Il Gonni poi continua la descrizione dicendo che suo vicino di casa era Giuseppe Mazzini con il quale ebbe una profonda amicizia forse un amore platonico. Adelaide morì il 19 giugno 1884 ed è seppellita nella zona alta nel cimitero di Staglieno in Genova.
Adelaide Bono in Cairoli patriota italiana nasce l’8 marzo 1806 e muore il 27 novembre 1871
rimase orfana di padre a 5 anni. Sposò nell’aprile del 1824 Carlo Cairoli più grande di lei di 28 anni dall’unione nacquero otto figli: Benedetto Angelo Francesco il 28 gennaio 1825, Maria Teresa Rachele Alessandra il 6 gennaio 1826, Teresa Caterina Emilia il 16 novembre 1827, Ernesto Maria Carlo nato il 20 settembre 1832, Luigi Giovanni Fedele il 9 luglio 1838, Carlo Benedetto Enrico il 6 febbraio 1840, Giovanni Massimiliano il 27 luglio 1842 e Carolina, morta a pochi mesi dalla nascita. Adelaide molto generosa, e di grande cultura educò i figli verso l’amore della società con sentimenti patriottici. Tenne un salotto politico letterario ed era in corrispondenza con intellettuali . Rimase vedova nel 1849 suo marito Carlo Cairoli morì a Gropello cadendo dalla carrozza mentre lo Stato Maggiore austriaco del generale d’Aspre aveva posto il suo quartier generale nella villa di Gropello. Fece fronte al duro periodo di vedovanza continuando quanto aveva sempre espletato.
Giuseppe Garibaldi alla sua morte disse: « L’amore di una madre per i figli non può nemmeno essere compreso dagli uomini … Con donne simili una nazione non può morire» Maria Rosa Nicoletta Raimondi Garibaldi 1776 1852 figlia di pescatori Angelo, Giuseppe, Michele, Felice e Teresa che morì bambina Felice, era nominato l’elegante della famiglia, fu commerciante fortunato. Morì a Nizza nella casa paterna (1856) Il fratello Giuseppe ereditò da lui una discreta somma con cui acquistò la metà dello scoglio di Caprera
Maria Drago Mazzini 1774 – 1852 Nel 1796 sposò il medico Giacomo Mazzini, con cui ebbe tre figlie e un figlio, In vita fu profondamente religiosa e incline al giansenismo, nonché attratta dalle idee politiche rivoluzionarie del figlio Giuseppe
Caterina Sforza 1463 -1509 È un personaggio che andrebbe molto approfondito per una serie di motivi …in quel periodo inizia il periodo dell’inquisizione Nasce da Lucrezia Landriani, moglie del cortigiano Gian Piero Landriani, ma è figlia naturale di Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano, era ammirata da tutta l’Europa.
Si distinse fin da giovane per le azioni coraggiose e temerarie che mise in atto per salvaguardare da chiunque i propri titoli ed onori, così come i propri possedimenti, quando i suoi Stati vennero coinvolti negli antagonismi politici. Si dedicò a diverse attività tra cui l’alchimia e la caccia Confidò a un frate: «Se io potessi scrivere tutto ciò che sò, farei stupire il mondo». I Borgia la fecero imprigionare a Castel Sant’Angelo , dopo aver riacquistato la libertà, condusse una vita ritirata a Firenze. Ebbe diversi figli solo uno le somigliò nel carattere e nel coraggio e fu il Capitan di ventura Giovanni dalle bande nere Guendalina Borghese si chiama Caterina Guendalina Talbot in Borghese figlia del conte Talbot moglie di Marcantonio Borghese († 27 Ottobre 1840) forse nominata madre dei poveri perché caritatevole
Eleonora Curlo Ruffini madre di tre ragazzi iscritti alla Giovine Italia ed alla Carboneria . Patriota come Agostino , Jacopo e Giovanni li sostenne nella cospirazione contro gli austriaci. Sposatasi a Genova con l’avvocato Ruffini ebbe ben 13 figli alla loro morte si ritirò a Taggia dove morì nel 1856
Rosa Guarnieri Carducci è ricordata per aver affrontato con coraggio i tedeschi arrivati alla sua casa per arrestare il figlio partigiano e viene uccisa il 7 ottobre 1943 con due colpi di pistola.
C’è da ricordare che questa strada prende nome nel 1949 fino allora si chiama va Via Rosa Maltoni Mussolini dedicata alla mamma di Benito, pertanto si deduce che la toponomastica venne decisa quando vennero costruite le case INCIS.
Anna Maria Taigi Nacque a Siena e visse a Roma quale religiosa sembra con virtù ptrofetiche , infatti era consultata da molti uomini sia politici che della chiesa e venne beatificata nell’anno che nasceva la Garbatella. Il suo corpo riposa in una chiesa a Trastevere.
Alessandra Macinghi Strozzi gentil donna di Firenze a cui donò le sue ricchezze per opere di cultura e di arte e le lettere scritte ai suoi figli che lasciano testimonianze delle famiglie fiorentine del 1400. Sant’Eurosia Era una ragazza spagnola uccisa da un moro in una caverna dove si era rifugiata per sfuggire alle sue vuolenze è ricordata come martire vergine di Jaca Pomponia Grecina donna dell’antica Roma, una delle ultime che venne consegnata al marito per essere giudicata secondo le regole del tribunale domestico.
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Francesca Saverio Cabrini La prima strada della Garbatella è dedicata a lei. Venne beatificata il 22 dicembre del 1946 fece ben 24 volte la traversata dell’Oceano per sostenere i nostri emigranti. Il suo sogno era di andare in Cina di ripercorrere le orme di Francesco Saverio, ma il papa Leone XIII le disse. No all’oriente ma all’occidente per la tua missione a sostenere gli emigranti italiani!” Tanto lavorò bene che aiutò tutti gli orfani di tutti senza distinguere alcuna nazionalità per questo divenne la santa protettrice di tutti gli emigranti del mondo.
Santa Galla Protettrice delle donne colpite da cancro al seno figlia di un patrizio romano, Quinto Aurelio Memmio Simmaco junior, con il crollo dell’Impero Romano d’Occidente, seppe mantenere buoni rapporti con i nuovi sovrani barbari e fu nominato prefetto nel 476, console nel 485 e anche capo del Senato- fino alla rottura con Teodorico, che lo fece condannare a morte nel 525. Galla fu data in sposa a un giovane patrizio, che morì dopo appena un anno dalle nozze. Galla pur ancor giovane rifiutò molti altri pretendenti che volevano farla loro sposa e si ritirò in un monastero. A lei è dedicata la chiesa di Santa Galla che delinea l’altro confine con la Garbatella.
COMODILLA Catacombe Nel 1595 l’archeologo Antonio Bosio scoprì questa catacomba, ma venne identificata molti anni dopo nell’800 da Giovanni Battista de Rossi. Commodilla era una matrona romana convertita al cristianesimo
Targhe, scuole, ponti per le donne contemporanee
Con il libro GARBATELLA: la storia è donna con la prefazione di Maria Rita Parsi parlando delle strade dedicate alle donne si volle iniziare un percorso per ricordare donne contemporanee del territorio. La prima targa venne dedicata a Jole Zedde, un ponte a Settimia Spizzichino ed il consultorio familiare ad Elisabetta Di Rienzo, una targa ricordo ad Enrica Zarfati Iole Zedde Il 7 Settembre 2007 : Aspettando la Notte Bianca, il Municipio Roma XI sotto la spinta dell’associazione Il Tempo Ritrovato ha dedicato una targa a Iole Zedde, la ragazzina della Garbatella” che venne uccisa dalla mitragliatrice di un soldato tedesco il 12 settembre del 1943 mentre era alla ricerca del fratellino. Iole abitava al lotto 28 ed abitava al pian terreno, il papà aveva vietato ai figli di uscire di casa, avendo saputo che molti ragazzini del quartiere stavano correndo verso la stazione ostiense per rifornirsi di cibo, visto quanto stava accadendo e ciè che molti assaltavano i vagoni pieni di cibo.…aveva detto “ Guai se andate ai vagoni!” Franco disubbidì scavalcò la finestra e corse via insieme agli amici nella speranza di trovare cibo per la famiglia. Iole ragazza assennata ricordando quanto aveva raccomandato il padre rincorse a cercare il fratello per riportarlo a casa, ma alla stazione ostiense si fermarono per sempre i suoi sogni di giovane ragazza, il destino volle che un giovane soldato tedesco di guardia ai vagoni fece partire una sventagliata di mitra, forse solo per intimorire, ma Iole vi rimase uccisa. Il suo corpo venne portato presso la chiesa di Santa Galla .
Settimia Spizzichino nacque a Via della Reginella quinta di cinque figli Il 16 ottobre 1943 venne deportata insieme alla madre, due sorelle e una nipotina durante il rastrellamento del ghetto [3] . Venne portata al campo Auschwitz-Birkenau iniziò la madre e la sorella Ada furono mandate alla camera a gas. Settimia con la sorella Giuditta finì tra le abili al lavoro con il numero 66210. Delle 48 donne rimaste dopo questa prima selezione, Settimia fu l’unica a tornare e venne ad abitare alla Garbatella in Via Pennabilli alle sue compagne di prigionia ha poi dedicato il suo libro di memorie. ha girato molte scuole per trasmettere la sua storia e quella delle prigioniere al campo di concentramento dove venne usata come cavia per il tifo e la scabbia. A Settimia Spizzichino è dedicata una scuola media al quartiere della montagnola ed il bel ponte alla Garbatella
Mirella Mancini da mamma Fata e Sora Mirella famosa “grattacheccara” di Roma Mirella Mancini da ragazzina abitava al terzo albergo della Garbatella e ha trascorso 50 della sua vita sul lungotevere all’Isola Tiberina. Mirella era conosciuta come la SORA MIRELLA , la più importante “grattacheccara di Roma”. Mirella rappresentava la Roma popolana quella Roma verace, spontanea e lavoratrice. Mirella per 50 anni ha dissetato migliaia di romani e turisti, con le sue speciali granite che a Roma si chiamano «grattachecche». Dietro quella famosa grattachecca c’è un’importante storia che viene dalla sua adolescenza che prima descrivo in parte qui di seguito con le parole di suo nipote Massimiliano e con alcuni intimi ricordi raccontatemi da suo fratello Riccardo il più piccolo di casa Mancini Massimiliano in quel chiosco su lungotevere ha passato molto tempo della sua infanzia accompagnato da sua nonna Elettra o da Mariella sua mamma racconta in occasione della scomparsa di sua zia che alcuni chiamavano anche “la carabiniera” per il suo modo deciso di fare. Zia Mirella, era una romana de Roma, si direbbe, con il vanto di aver avuto un padre coraggioso e dai solidi principi. Enrico Mancini non si piegò davanti al fascismo, in quella parata di camicie nere e violenza non vedeva opportunità ma un pericolo. Lui, ebanista di professione, che per la patria si era speso nella Prima guerra mondiale, diventando sergente maggiore del Genio e potendo appuntare al petto una medaglia di bronzo e una croce di guerra. Tornato dalla guerra, aprì in zona Porta San Paolo una falegnameria pronto a lavorare e crearsi una famiglia. L’avvento del fascismo però ne scombussolò i piani. Bussarono alla sua porta le camicie nere per costringerlo ad aderire al fascismo. Mancini rifiutò e per tutta risposta gli fu bruciato il negozio. Aveva sei figli e una famiglia da mantenere ma anche principi saldi da onorare. Nel 1942 sarà tra i primi ad aderire al Partito d’Azione. La sua attività, divenuta il commercio di mobili, era il viatico di informazioni dell’antifascismo romano. Testaccio, Ostiense, Garbatella, Mancini controllava e coordinava le attività clandestine della zona, entrando l’8 settembre nella Brigata Garibaldi. Uomo della Resistenza, diede aiuto ai perseguitati politici, nell’organizzare i militari sbandati, nel mantenere i collegamenti con i partigiani alla macchia, nel rifornire di armi e di materiale di propaganda i gruppi della Resistenza. Poi l’arresto, il 7 marzo del 1944: la banda Koch viene a prelevarlo in ufficio. Verrà portato nella Pensione Iaccarino e torturato per dodici giorni per ottenere informazioni sui compagni antifascisti. Non parlò. Il 18 marzo fu rinchiuso a Regina Coeli, in attesa di un processo che non ebbe mai luogo. Insieme a 334 persone, fu portato alle Fosse Ardeatine e fucilato il 24 marzo del 1944. Mirella aveva perso il papà giovanissima era rimasta orfana di guerra insieme a sua sorella Elettra ed ai fratelli Alberto, Bruno, Adolfo e a Riccardo . Mirella e Riccardo i più piccoli di casa vennero mandati in collegio a Montecompatri nonostante le resiswtenze del piccolo Riccardo che si arrese solo perché con lui andava anche sua sorella un po’ più grande di lui Così Riccardo e Mirella due orfani della Garbatella .partirono per questa nuova meta e vi rimasero circa tre anni. Il Collegio era situato a circa 30 km da Roma ed era intitolato a Carlo Tresca. Carlo Tresca fu un sindacalista, giornalista, editore, anarchico, antifascista e drammaturgo italiano naturalizzato statunitense. Fu editore di giornali e leader del movimento operaio negli Stati Nella notte dell’11 gennaio 1943 Carlo Tresca fu ucciso con un colpo di pistola mentre usciva dal suo ufficio di New York e non si seppe mai da chi. Il collegio ed era stato creato dopo la guerra grazie all’aiuto ricevuto dal sindacato dei tessili americani ed era diretto da Luigi Antonini che aveva sposato la causa degli orfani di guerra. Antonini aiutò anche concretamente i suoi connazionali in Italia durante i difficilissimi anni del secondo dopoguerra, partecipò alla Conferenza di pace di Parigi del 1947 battendosi per un trattamento equo nelle condizioni postbelliche. Il Collegio era frequentato da giovani sia di sesso maschile che di sesso femminile erano avviati all’autogestione del loro Istituto, i primi rudimenti di una democrazia rappresentativa e si facevano assumere loro delle responsabilità direttamente dal rapporto tra di loro, la direzione e gli assistenti sociali . Le stanze avevano nomi adatti alle ragazze e ai ragazzi, le panche, le sedie i tavolini avevano disegni dei personaggi di favole e storie per infanzia ed adolescenza. Riccardo per tutto il tempo soggiornò insieme ad altri ragazzini nella camera dei cowboy, c’era poi la stanza dei Corsari, la stanza dei pirati e la stanza delle fate. Mirella essendo una delle ragazze più grandi era sempre impegnata ad affrontare e risolvere i vari problemi della comunità. Mamma Fata ,così ormai la chiamavano ragazzine e ragazzini del collegio, conquistò gli affetti prima della stanza delle fate e poi di tutte le altre stanze e dell’intero collegio. La chiamavano così, perché in qualche modo andava a coprire quel buco che viveva negli animi dei giovanissimi ospiti lontani da casa e dall’affetto dei loro cari. Molte erano le cose che i ragazzi e le ragazze avevano da fare e quelle cose si facevano senza trascurare il grande impegno scolastico. Un’iniziativa importante da auto gestire era quella della realizzazione in estate del bar della giungla, che metteva a disposizione di coloro che passavano nel bosco bevande di vario tipo realizzate dagli stessi ragazzi ragazze. Max Weber che lavorava nel collegio insieme a sua moglie , lei inglese e lui svizzero essendo stato un calciatore aveva insegnato ai ragazzi e ragazze a giocare a pallone costruendo una bella squadra. Nella squadra giocava anche Mirella come portiera ed un giorno era in panchina, perché per una parata si era slogata un polso. Mirella assisteva alla partita con il su braccio ingessato, durante la partita venne fatto uno sgarbo a Riccardo che cadde in terra per pochi attimi senza rialzarsi…le fu un fulmine arrivò in campo e diede una grande botta sulla testa a chi aveva provocat6o l’incidente e la botta la diede con il braccio ingessato, tutto si risolse senza drammi i due ragazzini suirialzarono e continuarono la partita. Weber aveva verniciato al bar della giungla i tavolini e le sedie con le figure degli eroi dei cartoni animati come Topolino Paperino Pluto Paperon de Paperoni, Cenerentola, Biancaneve i sette nani ecc…. Mirella gestiva con molta attenzione come una giovane professionista il bar della giungla, secondo suo fratello la famosa grattachecca viene da molto lontano e cioè da quella esperienza di adolescente che era già in embrione di “mamma fata” in quel chioschetto di Montecompatri tra gli orfani di guerra per approdare su lungotevere e tramutare Fata Mamma in Sora Mirella nell’antico chiosco romano
Elisabetta Di Renzo Una per tutte – tutte per una era il motto di Elisabetta Di Renzo che molto lottò per l’apertura deli consultori per la tutela della salute delle donne. Elisabetta fu la responsabile dell’Unione Donne Italiane alla Garbatella e spiegò alle donne del quartiere come si votava per la prima volta. Era una grande frequentatrice della “Villetta” che non frequentò più per una storia di una donna morta di aborto clandestino avvenuto in una nota clinica romana, distribuì davanti alla Standa di Via Caffaro dei fogli ciclostilati che richiedevano il consultorio familiare e l’aborto legalizzato. Narrando la storia triste di Valeria madre di quattro figli. Elisabetta fino alla fine dei suoi giorni trasmise la storia delle donne vissuta in prima persona raccomandandosi di continuare a salvaguardare i diritti che si sono conquistati nel tempo. Girò alcune scuole del quartiere e partecipò a passeggiate culturali con alcune classi delle scuole medie inferiori e superiori. La sua raccomandazione è sempre stata di aiutare le donne e di essere con loro solidale, ma anche di fare attenzione “perché: “ per una che arriva su, ce ne sono state 100 che l’hanno spinta per arrivare dove è arrivata! L’importante che poi non si scordi, perchè tutte sono importanti allo stesso modo “una per tutte – tutte per una!”
Enrica Zarfati viveva al lotto 31 alla Garbatella,. alla vigilia della liberazione di Roma fu presa, perché ebrea. e deportata insieme a Emma sua vicina di casa anche lei ebrea tutte e due deportate al campo di concentramento Auschwitz dove Emma venne uccisa nel forno crematorio. Enrica Aveva 19 anni per 60 anni aveva lavorato insieme alla mamma Italia presso il mercato rionale. Le due donne vennero prese per una spiata di qualcuno che abitava molto probabilmente nel lotto che volle incassare le cinque mila lire che c’erano per ogni ebreo che veniva segnalato. Enrica era rifugiata nel vano dei lavatoi insieme ad altri ebrei. A08686 era il numero che aveva impresso sul braccio e che molti ragazzini delle scuole elementari e medie hanno visto perché l’andavano a trovare durante la festa per la cultura e nelle passeggiate culturali organizzate da Fatagarbatella per le scuole, ultima donna Scampata dalle deportazioni scomparsa il 6 settembre 2016